Visione, tecnologia e resilienza. La storia di Kippy
Le storie di Pets & Innovation ci portano a conoscere un’azienda che è stata tra le prime a sviluppare sul mercato europeo un dispositivo di localizzazione GPS pensato per gli animali domestici e che punta a rendere questo dispositivo un pet smartphone: Kippy.
Abbiamo intervistato Simone Sangiorgi, cofondatore di Kippy.
Simone, com’è nata Kippy?
Con il mio socio, Marco Brunetti, abbiamo deciso di investire su una nostra idea, facendo i venture capital della nostra startup, nel momento in cui la nostra agenzia pubblicitaria andava molto bene e avevamo liquidità da investire. Siamo partiti dall’idea di portare sul mercato un dispositivo per tracciare i bambini o gli animali domestici. Facendo test di mercato, ci siamo resi conto che il prodotto per gli animali riscuoteva grande apprezzamento, molto superiore a quello per i bambini. All’epoca non c’era ancora niente sul mercato, ma la tecnologia era matura, il bisogno che avevamo individuato poteva essere soddisfatto.
Nel 2015 abbiamo lanciato la startup e sviluppato il primo dispositivo di localizzazione GPS di animali. Col tempo abbiamo aggiunto nuove funzionalità a questo prodotto per tracciare l’attività motoria.
Quali sono i progetti su cui state lavorando in questo momento?
In questi mesi stiamo completando la parte di tracciamento dell’attività motoria di Kippy Evo con funzionalità per predire e monitorare la salute dell’animale e stiamo implementando la parte social, in modo da creare una community legata all’applicazione e facilitare anche l’accoppiamento degli animali. Ciò che vogliamo costruire è un pet smarphone, proprio perché il percorso evolutivo che immaginiamo per i localizzatori di animali è simile a quello che c’è stato per gli smartphone, nati per la comunicazione voce e poi usati per tutta una serie di funzionalità diverse.
Stiamo inoltre ultimando un prodotto dedicato ai gatti, Kippy Cat, collare di dimensioni molto ridotte, il più piccolo sul mercato, sviluppato appositamente per gatti o cani di piccola taglia.
La sfida tecnologica è stata quella di ridurre le dimensioni del collare distribuendo la tecnologia di localizzazione su tutto l’arco. Il collare avrà un algoritmo di tracciamento dell’attività motoria pensato proprio per i gatti e anche un suono e una luce attivabili da remoto per poter ritrovare il gatto. Inoltre, utilizza le nuove tecnologie di connessione alla rete che renderanno il prodotto ancora più performante negli Stati Uniti.
Contiamo di lanciare questo prodotto a breve nel mercato statunitense.
Qual è stata la principale difficoltà e la principale opportunità che avete incontrato dalla nascita di Kippy?
L’incontro con il mondo dell’elettronica si è rivelato più complicato di quanto ci aspettassimo.
Come imprenditori in ambito pubblicitario eravamo abituati a pensare una cosa e realizzarla in tempi rapidi. Con l’elettronica i processi sono molto più lunghi e complessi: pensi a un prodotto e lo vedi realizzato un anno e mezzo dopo e nell’arco di quest’anno e mezzo devi risolvere diverse problematiche emerse durante il percorso. Realizzare un prodotto così complesso ha richiesto tempi più lunghi di quelli a cui eravamo abituati, un esercizio di pazienza e resilienza.
Inoltre, abbiamo avuto difficoltà nell’ottenere capitali poiché il settore dell’elettronica che va al consumatore è considerato dai fondi d’investimento troppo competitivo – ci sono player molto grandi – e troppo complesso dal punto di vista della produzione e della logistica per un’azienda in Italia.
La principale opportunità ci è arrivata invece dall’accordo con Vodafone per vendere nei loro negozi fisici un prodotto cobrandizzato. L’accordo ci ha aiutato a crescere e affermarci sul mercato.
Qual è stato l’impatto della pandemia sulla vostra azienda?
Con l’arrivo della pandemia abbiamo cambiato il nostro business model. Mentre prima vendevamo principalmente un prodotto cobrandizzato tramite i negozi fisici di Vodafone, oggi vendiamo online e mediante negozi fisici specializzati un prodotto del tutto nostro, abbiamo sviluppato infatti il nostro e-commerce.
Inoltre la pandemia ci ha dato l’opportunità di cambiare approccio di lavoro. Poco prima della pandemia non vedevo di buon occhio lo smart working. Mi sono reso conto invece che lavorando in smart working si guadagna in qualità della vita e efficienza lavorativa, per cui anche oggi manteniamo un modello organizzativo ibrido.
Quale sfida vedi ora davanti a voi?
Un nostro competitor tedesco ha preso il volo in termini di quote di mercato. La sfida in questo momento è recuperare quote di mercato, differenziarci a livello di prodotto e entrare nel mercato americano.
Per noi questo è un momento di svolta poiché stiamo concludendo un round di investimento che ci consentirà di ampliare il nostro team e investire in marketing.