Quando la ricerca collabora con l’impresa. Intervista a Next Generation Robotics

Sapete cos’è il sottocassa di un treno? Si tratta della parte inferiore del treno e comprende sia la componentistica meccanica di sicurezza – i freni, le pinze, i dischi – che la componentistica relativa agli impianti, come i connettori e le tubazioni, quindi tutte quelle parti del treno che richiedono manutenzione e devono essere ispezionate periodicamente dagli operatori.
In questa intervista parliamo con Massimiliano Gabardi, amministratore delegato di Next Generation Robotics, società spin-off della Scuola Superiore Sant’Anna che sviluppa soluzioni di robotica innovativa per l’ispezione dei treni. In particolare, grazie a una forte collaborazione tra ricerca e impresa e un valido processo di trasferimento tecnologico, ha sviluppato e commercializza un robot di nome Argo che è in grado di eseguire autonomamente l’ispezione del sottocassa dei treni.

Massimiliano, come avviene attualmente il lavoro di manutenzione e cosa cambia con Argo?
Il lavoro dell’operatore addetto all’ispezione ad oggi è un lavoro molto manuale, che non prevede l’uso di strumenti avanzati per la raccolta di dati in forma digitale, ma prevalentemente di torce e calibri manuali da utilizzare all’interno della fossa di ispezione – un passaggio che permette all’operatore di camminare sotto al treno per eseguire l’ispezione. Per farti un’idea dell’ambiente di una fossa d’ispezione, immagina dei binari sopraelevati che formano una galleria sotto il treno. L’operatore, che ha una lunga lista di componenti da controllare, entra in questa galleria, cammina sotto il treno e con una torcia illumina la componentistica meccanica e di sicurezza verificando che non ci siano guasti. In questo processo non vengono raccolti dati digitali che possono essere visionati a posteriori, di conseguenza non è possibile monitorare costantemente l’avanzamento dello stato di usura dei componenti e tenere uno storico dello stato del sottocassa.
Il robot Argo nasce per eseguire autonomamente ed automaticamente l’ispezione del sottocassa, consentendo all’operatore di monitorare l’ispezione da remoto, senza più doversi trovare fisicamente sotto il treno, nelle fosse di ispezione, come avviene attualmente. In questo modo l’operatore può alternativamente eseguire l’ispezione visionando le immagini da remoto, o sfruttare gli algoritmi di intelligenza artificiale che riconoscono autonomamente i guasti e le necessità di intervento. L’operatore a quel punto si può limitare a intervenire sul guasto, qualora ce ne fosse bisogno. Questo è un grande vantaggio: con il robot è possibile accedere ai dati di ispezione analizzandoli anche a posteriori per poter portare la manutenzione verso logiche di manutenzione predittiva. Inoltre, il lavoro dell’operatore diventa più sicuro, riducendo il tempo di permanenza nella fossa di ispezione e l’esposizione ai rischi associati e permettendogli di visualizzare i dati comodamente seduto alla scrivania.

A che punto siete rispetto all’immissione sul mercato della vostra soluzione?
La nostra soluzione sta entrando sul mercato proprio quest’anno. È stata prevalentemente sviluppata in collaborazione con Trenitalia ed è molto apprezzata anche da altri importanti operatori ferroviari in Europa.
Abbiamo attualmente una sperimentazione in corso presso le officine di manutenzione della Direzione Business Intercity di Roma San Lorenzo ed un secondo progetto pilota all’estero che porteranno la soluzione a diffondersi a partire da quest’anno.

Com’è nato Argo e come siete arrivati a portarlo sul mercato?
Il progetto è nato nel 2015 da una collaborazione tra Trenitalia e la Scuola Superiore Sant’Anna. Trenitalia ha espresso l’esigenza di automatizzare in parte il lavoro d’ispezione; il nostro gruppo di ricerca, guidato dal prof. Antonio Frisoli, all’interno del laboratorio PERCRO della Scuola Superiore Sant’Anna ha portato avanti l’attività di ricerca sviluppando un primo prototipo. Riconoscendo il potenziale di mercato di questa soluzione, abbiamo avviato un processo di trasferimento tecnologico finalizzato a valorizzare la ricerca universitaria attraverso la spin-off Next Generation Robotics che si è occupata di trasformare il prototipo in prodotto e portarlo sul mercato. Dopo una battuta d’arresto determinata dall’arrivo della pandemia, nel 2020, anno in cui l’azienda era già costituita, abbiamo potuto riprendere il progetto lavorando alla commercializzazione della soluzione sviluppata. A fine 2022 abbiamo chiuso il primo round di investimento con RoboIT, Polo Nazionale di Trasferimento Tecnologico della Robotica all’interno del quale siamo attualmente incubati. Ciò ci ha dato le risorse per accelerare la crescita ed arrivare rapidamente al mercato.

Riguardo al vostro primo round d’investimento avvenuto nel 2022, com’è stato questo passaggio?
Il primo round di investimento rappresenta il momento in cui la startup inizia ad avere un po’ di benzina per iniziare il suo viaggio. L’aumento di capitale ci ha permesso di formare un team impegnato a tempo pieno sul progetto ed assumere le prime figure chiave, come il responsabile tecnico, l’ing. Luca Tiseni, il responsabile della progettazione meccanica, l’ing. Davide Garbin, e anche me come amministratore delegato. È stato in quel momento che ho deciso di fare il salto dalla ricerca al mondo aziendale.
Quando lavoravamo come soci lavoratori, mantenendo un secondo impiego, il tempo che riuscivamo a dedicare alla startup era molto limitato. Abbiamo potuto realizzare piccoli passi per validare la tecnologia, ma non andare oltre. Con il primo primo round di investimento l’azienda ha cominciato ad avere la capacità di muoversi e di intercettare altri clienti.

E per te invece, il passaggio dalla ricerca all’impresa com’è stato?
È cambiato sostanzialmente tutto. Per me è stato un passaggio estremamente positivo, perché il mio sogno era proprio questo: lavorare in un’azienda che fosse anche mia, convogliare le energie in un progetto continuativo e di grande innovazione da costruire giorno per giorno. Il mondo della ricerca mi ha insegnato molto e dato grandi soddisfazioni, però mi lasciava sempre un po’ insoddisfatto nel momento in cui, dopo aver sviluppato una nuova tecnologia, tutto finiva con la pubblicazione di un articolo o il deposito di un brevetto per poi passare al progetto successivo. A me piaceva l’idea di cominciare qualcosa proprio quando arrivavo in fondo a un progetto di ricerca di cui vedevo le potenzialità di mercato. Andare avanti, sviluppare, ingegnerizzare per arrivare al prodotto.
L’università mi ha permesso di accedere al mondo delle startup, di conoscerne le dinamiche di funzionamento e le problematiche. Da collaborare con alcune startup siamo passati a realizzare la nostra startup, cosa che ci ha reso molto felici e soddisfatti ma che alterna quotidianamente la soddisfazione del raggiungimento di un obiettivo al presentarsi di nuove sfide e problemi che a tratti possono sembrare insormontabili. Ogni giorno bisogna gettare il cuore oltre l’ostacolo e andare avanti.

Dal 2020 a oggi qual è stata la maggiore opportunità e la maggiore difficoltà che avete incontrato?
La più grande opportunità è stata la partecipazione a una gara d’appalto europea per l’aggiudicazione di un’importante commessa con l’operatore ferroviario tedesco Deutsche Bahn AG. Ci siamo aggiudicati la gara e abbiamo iniziato un rapporto di collaborazione con un nuovo cliente.
Questa è stata per noi anche la più grande difficoltà, poiché la gara di appalto era molto complessa, abbiamo dovuto impegnarci nel proporre una soluzione, farla rientrare nel budget, rispondere a tutte le esigenze e per di più produrre i documenti richiesti in lingua tedesca.
Superate le difficoltà iniziali, abbiamo avuto un ritorno d’immagine non indifferente come azienda che fornisce tecnologia a due delle più importanti aziende del settore ferroviario europeo.

Quali sfide vedi davanti a voi nel breve periodo?
Una delle sfide più grandi per una startup italiana come la nostra è la raccolta di capitali per sostenere l’industrializzazione e la commercializzazione del prodotto e scalare rapidamente la dimensione aziendale.
Per una startup l’accesso alle risorse non è banale, è una sfida continua, perché lo sviluppo di un sistema robotico che comprende anche una parte hardware significativa richiede delle risorse importanti.
La sfida che ci apprestiamo ad affrontare è propria quella di riuscire a crescere e coinvolgere partner finanziari e partner industriali per sostenere il nostro progetto e raggiungere una dimensione internazionale sul mercato nel breve periodo.

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