#vitadastartupper Pensare che il tuo progetto sia impossibile, e poi realizzarlo. Intervista a Giuseppe Tortora, fondatore di ABzero

Grazie alla call WakeUp che abbiamo lanciato in occasione dei 15 anni del nostro Incubatore, abbiamo avuto modo di conoscere due molisani e un’ottima idea: quella di Giuseppe Tortora e Andrea Cannas, fondatori di ABzero, che sono tra i vincitori della call.

Giuseppe e Andrea hanno ideato un sistema per il trasporto di sangue, organi e farmaci da un ospedale all’altro mediante l’uso di un drone e di una capsula intelligente che mantiene i parametri adatti alla conservazione di sangue, plasma e piastrine, tenendo sotto controllo da remoto sia la rotta che la conservazione dei prodotti emoderivati.

Appena entrato a far parte dell’Incubatore, abbiamo intervistato Giuseppe. Ecco cosa ci ha raccontato della sua #vitadastartupper.

 

Presentati in 20 parole
Sono Giuseppe Tortora. Molisano e sognatore, animato dalla voglia di fare qualcosa per me e per gli altri nell’ambito della tecnologia.

Cosa ti ha spinto a fondare la tua startup?
La voglia di concretizzare delle idee che avevo in mente e di renderle utili per altre persone. Ho valutato di poter dedicare del tempo allo sviluppo di un progetto il cui esito non può essere dato per scontato, poiché presenta molte novità: l’ambito in cui interveniamo, cioè il trasporto e la consegna di sangue, organi e medicine tra strutture ospedaliere, la tecnologia che usiamo – i droni –, e poi un elemento da non sottovalutare, il fatto che voliamo!

Raccontaci la cosa più sorprendente che ti è capitata da quando hai iniziato a pensare all’idea di fondare la tua startup
La cosa che mi ha sorpreso di più è che le distanze con persone che ritenevo lontane a vari livelli si sono ridotte tutto a un tratto e ci siamo trovati ad interagire con interlocutori importanti per il nostro business. Dopo molto lavoro per valutare, verificare e migliorare la fattibilità del nostro progetto, siamo riusciti a fare il nostro primo volo dimostrativo. E all’indomani di questo primo volo ci hanno contattato moltissime persone interessate alla tecnologia che ha un impatto sociale e che, nel nostro caso, può salvare delle vite.

Com’è avvenuto il primo volo dimostrativo?
I primi voli dimostrativi sono avvenuti tra il 10 e il 21 ottobre a Pisa e all’ospedale Lotti di Pontedera. Il nostro intento era dimostrare che la tecnologia dei droni sia utilizzabile per il trasporto di sangue, organi e medicine. Da startupper lavoriamo per la maggior parte del tempo da soli con la nostra idea, in quei giorni invece, in particolare il 21 ottobre, eravamo circondati da persone alle quali siamo riusciti a trasmettere l’importanza del nostro progetto; non solo medici e infermieri, ma anche persone comuni che ci hanno sostenuto.

Io ero alle prese con la gestone della parte tecnica e della diretta Twitter. Lavoravo e al contempo raccontavo cosa stava succedendo e vedevo crescere l’attenzione e le aspettative delle persone che avevo intorno e che ci seguivano. Intanto pensavo anche alle cose che avrebbero potuto andare storte, «Se qualcosa non funziona, siamo rovinati» mi dicevo.
Ma tutto si è svolto come avevamo previsto. Appena il drone è decollato, è partito un applauso… in quel momento ho ricominciato a respirare.

Per me è stato come pensare che qualcosa sia impossibile e poi realizzarlo. Il drone ha volato in modo automatico come avevamo programmato, poi è tornato indietro ed è atterrato. È stato il primo passo verso quella che vorremmo rendere una prassi comune: l’attivazione del drone da parte del personale ospedaliero per la consegna urgente di sangue o organi in un ospedale che si trova dall’altra parte della città o in un’altra città.

Guardando al futuro prossimo, qual è la sfida che vedi davanti a te?
La sfida è allargare la squadra ed essere operativi e sostenerci come startup, e poi lavorare per offrire questo servizio e farlo utilizzare correntemente in ambito sanitario.

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